«Dirò qualcosa che mi renderà impopolare, ma siccome non sono ipocrita, prendetela come volete, me ne farò una ragione.
Meno italiani, politici in primis, si occupano di questa tragedia e meglio è, ci lascino piangere da soli l'eccidio e la diaspora dei nostri fratelli dell'altra sponda dell'Adriatico senza macchiare questo ricordo con le loro lacrime di coccodrillo e le loro sceneggiate di circostanza. Veneti e schiavoni hanno convissuto in pace ed in simbiosi per secoli in quelle terre prima che i nazionalismi, italiano e iugoslavo, e le ideologie, da una parte fascista e dall'altra comunista, le devastassero.
Quello che hanno fatto i comunisti iugoslavi di Tito dal '43 in poi è aberrante, ma non meno aberrante è quello che hanno fatto i fascisti italiani di Mussolini fino al '43. Non voglio fare del giustificazionismo, sono passati piú di settant'anni e, per ogni singolo episodio sono ben noti i nomi dei carnefici e quelli delle vittime; voglio solamente far risaltare che in un caso e nell'altro le vittime appartenevano ad uno stesso "popolo" e che, solo incidentalmente, si ritrovavano a parlare una lingua diversa da quella del carnefice.
Se fossi italiano e sentissi comunque di dovere qualcosa a queste vittime, me ne starei in ogni caso in ultima fila in silenzio e in meditazione e, non avendo Nonea da dire per ragioni storiche e culturali, non pretenderei di volerlo dire ad ogni costo, come invece vedo fare ultracrepidariamente ad una pletora di italiani, piú titini di Tito, e al contempo piú mussoliniani di Mussolini.
10.XII.2017 m.v.»